martedì 16 giugno 2015

Averci la mente porca Apaz

16 GIUGNO 1988. Non è una notte qualsiasi. Come non è un rimprovero, però non posso negarmelo in quanto lo sento dentro il dispiacere che nessuno questa notte di 27 anni fa s'è ricordato che Paz ci lasciava per sempre. Faceva molto caldo quella notte quando Andrea Pazienza, a soli 32 anni, veniva trovato morto nella sua casa di Montepulciano. 

Andrea Pazienza (San Benedetto del Tronto23 maggio 1956
Montepulciano16 giugno 1988fumettista e pittore italiano


Andrea, irrazionale, 

supremo, viscerale



                di Matteo Tassinari
Alla sua maniera dogmatico. Non si sa come avesse potuto aggiustarla la razionalità, ad ottimizzare il suo Brand come direbbe oggi un pubblicitario del Web o un Copy che lavora su Cloud various Chemicals in the Atmosphere the Surface. Ma cos'ho scritto? Come lo stile di Andrea: senza filtri, senza difese, privo di protezione come un pargolo intuitivamente dotato. Anche la droga l'assumeva allo stesso ritmo della Santa Sangre e dell'intuizione, ossia con fragile arrendevolezza e gracile affaticamento vitale. Non cercava, nel suo profondo, quelle risposte che sembrava aver trovato.
"Perché PIPPO sembra uno sballato?"

Lo dimostra
la noia
che provava

per tutti quei collettivi sindacali, davvero pallosi quanto la forfora sul paltò, sull'occupazione di questa o quell'altra sezione del liceo o università. Per lui, questo, come per me, era tutto tempo perso, inutile, errabondo, pleonastico. In lui trovavi la dinamica del rischio, l'esagerazione, l'eccedenza, l'eccesso d'energia, la vitalità in sovrabbondanza da tutti i pori. Uno così, ma come cazzo viveva?! Non bene, non normalmente, almeno. Le cose pratiche non gli appartenevano. Gli sfuggivano come fa la repulsione col fascismo.
Aveva quel minimo di praticità per poter sopravvivere, solo che in un mondo come questo, se segui la massima "la giovinezza e questo perenne amare i sensi e non pentirsi", il rischio è proprio quello in cui s'è imbattuto Andrea, e verso la fine, quando la vita gli aveva dato soldi, bellezza e disinvoltura con la boutade (anche acide) sempre pronta. Un   caos geniale e velocissimo, un ritmo sfrenato che lasciava tutti indietro. Era il più depresso degli uomini, era il più felice degli uomini. Era un eroe senza macchia, la penna come una durlindana, ed era il più bastardo degli amici. Le distinzioni con Andrea reggevano poco.
Il suo era comunque un segno che apriva mondi: ti faceva vedere per intero qualcosa che faceva capolino anche nella tua esistenza, ma che coglievi al massimo come un movimento fugace ai confini della visione. Come la sagoma di uno squalo sotto il pelo dell'acqua, per dire...

La rockstar Paz
Non sopportava che lo chiamassero lavoro quello che faceva con le matite o pennelli. La sua, giustamente, era arte, in quanto era lui un artista tout court. Che Paz fosse diventato una rockstar, e non solo più un folletto disegnatore qualunque in cerca matta di lavoro. Le cose pratiche non gli appartenevano. Gli sfuggivano come fa la repulsione col fascismo. Aveva quel minimo di praticità per poter sopravvivere, solo che in un mondo come questo, se segui la massima "la giovinezza e questo perenne amare i sensi e non pentirsi", il rischio è proprio quello in cui s'è imbattuto Andrea.
                    

Da dandy a rock star,
 


si diede


velocemente
Erano gli editori, a quel punto che se lo rubavano. Andavano a casa sua a Bologna e gli scarti, che buttava per terra, gli editori andavano via dopo aver fatto incetta. E lui? Non chiedeva nulla per quello che lui aveva gettato perché non gli piaceva.  Era nato un personaggio, capace di attrarre migliaia di persone a vedere ed ascoltare quando si trovava di fronte ad un pubblico. Ebbe a dire la sua donna Marina Comandini: "Andrea Era un dandy e si comportava come un attore. Era alto 1,87 ed era bello, quindi partiva privilegiato. Con il suo modo di fare, era un po’ come se dicesse 'voi non potete essere come me, che sono una rockstar'". 

Attenzione     a

non     essere b/anali 
Per lui amare significava cogliere il carpe diem, afferrare tutto finché ce la fai, fino a scrivere le seguenti e ormai parole scolpite nella pietra per i cultori del nostro: "MI CHIAMO Andrea Michele Vincenzo Ciro Pazienza, disegno da quando avevo 18 mesi e so disegnare qualsiasi cosa in qualunque modo.
Ho fatto il liceo artistico, una decina di personali e nel '74 sono divenuto socio di una galleria d'arte a Pescara. Dal '75 vivo a Bologna. Sono stato tesserato dal '71 al '73 ai marxisti-leninisti. Io sono il più bravo disegnatore vivente. Morirò il 6 gennaio 1984". Forse qualcosa di Andrea ci è sfuggito, in tutta la sua voracità nel darsi in pasto. In qualsiasi salsa e per qualsiasi viandante attratto dalla curiosità per le sue avventure, da Penthotal a Pompeo, da Zanardi a Fiabeschi, un'epopea mitologica di similitudine traslate. Eppure sempre così vicino per chi ha vissuto il disagio dell'eroina e tutti i dettagli maledetti che dietro si porta senza dimenticar nulla, neanche il battufolo per il filtro ed eliminare il taglio, per quel che si poteva.
     Aveva le stimmati
     
          del tossico
Aveva grandi capacità nel  prendersi e prendere per il culo se stesso e la gente, in modo che chi lo leggeva neppure non se ne accorgesse. Era un soggetto che attirava attenzione per le sue doti artistiche e umane, bastava conoscerlo per 2minuti2 e t'era simpatico, doti del genio. Ad averlo salvato dalle stimmate del tossico che si piange addosso o che si dà del martire, è stata la sua feroce consapevolezza della oggettiva situazione in cui s’era ritrovato e il desiderio di non passare inosservato. Un gran vanesio, neanche Narciso gli era davanti. Un gran figaccione. Andrea è sempre stato giovane, dovunque si trovasse, Tango, il Male, Frigidaire, Cannibale, nessuno lo prendeva sul serio, lo tradiva sempre la sua impunita e acerba leggerezza dalla mano felice. Non riusciva a fermarsi. Di notte capitava che s'alzasse per disegnare fino all'alba. Era un atleta della fantasia. Correva tanto con la testa e nelle sue bozze sparse, pur essendo amante della lentezza e delle comodità. Non si può sentenziare con un liquidante "Se l'è cercata" o "Se l'è voluta", a conti fatti sono i grandi che rimangono col piatto piangente.

"La giovinezza e questo perenne

amare i sensi e non pentirsi"


*Il Dandy più at-teso*

  Andrea

  è sempre 

  stato
giovane, dovunque si trovasse, Tango, il Male, Frigidaire, Cannibale, nessuno lo prendeva sul serio, lo tradiva sempre la sua impunita e acerba leggerezza dalla mano felice. Un fascio di nervi in movimento, anarcoide, certamente libertario a 360 gradi se così possiamo dire, permissivo e svalvolato per natura. Non riusciva a fermarsi. Se telefonava si lamentava che non aveva il tempo per disegnare, e se disegnava non c'era per nessuno, neppure per la sua donna, Marina Comandini, non ce n'era, s'era eclissato. Di notte capitava che s'alzasse per disegnare fino all'alba. Era un atleta della fantasia. Correva tanto con la testa e nelle sue bozze sparse, pur essendo amante della lentezza e delle comodità. Non si può sentenziare con un liquidante "Se l'è cercata" o "Se l'è voluta", a conti fatti sono i grandi che rimangono col piatto piangente.

Fashion



 victim
Istintivo e domestico, pronto a farsi attraversare da tutto come a cercar rifugio fra le sue mura di casa, Pazienza viveva la sua gioventù nel segno di Pan. L'eterno ragazzo, un compagno di scuola, il Dandy attentissimo alle mode del tempo (intesa come linguaggio) e alla cura del proprio corpo. Era una "Fashion-victim", sia per come si vestiva, con estro audace, mai banale, sia quando arrivava per disegnare una tela davanti a mille individui in modo snob e sfizioso, consapevole che non stava vedendo arachidi o lupini. Andrea mostrava arte, quell'invenzione avventurosa che ti prende al plesso solare per un "". I più bravi e fortunati, sono coloro che riusciranno, umilmente, ad allungare nella propria vita il più possibile quel "". Un programma smodato che Paz sintetizzava dicendo "E ringraziate che ci sono io, che sono una moltitudine".
Andrea in meditazione con la sua Katana, la spada Samurai
Giocoliere sovvertitore
Un giocoliere magnetico della nostra esistenza, contemporaneamente lupo e Cappuccetto Rosso. Nato a San Menaio (FG), ha frequentato il Liceo Artistico di Pescara, rivelandosi subito un enfant prodige e forse il miglior chinaio al mondo.
Considerato
doppio
Come tutti gli artisti dei Gemelli, perché il Paz è del segno dei Gemelli, anche se sull'Astrologia gli cacherei sopra, era considerato un doppio. Dunque un sovvertitore del tratto capace di colpire laddove non si riusciva ad arrivare perché troppo profondo il questionar, per essere anche un lupo, ma che non lo si chiami fido! "Perché il freddo, quello vero, sa essere qui, in fondo al suo (e mio) cuore di sbarbo". Del resto, Andrea, il più underground e visionario dei "fumettari", quello più avanti di tutti, con le antenne più irte di tutti i ribelli degli anni Settanta, che incontra sui banchi di scuola Jacques Prévert, poeta antiborghese, popolare e sperimentale infiltrato nei programmi scolastici, cos'altro poteva fare questo ragazzino così straripante di talento e di comunicativa? Povero Paz, non avevi proprio scelta.
L'incontro


Sergio Staino, fondatore di "Tango" e di tant'altro, Maestro d'Ascia, è consapevole che il Paz filo viaggiasse su alte frequenze estetiche rispetto alla sensibilità dei già ottimi artisti di allora. Ma lui sempre sopra tutti. Ne intuì anche la fragilità, in qualche maniera, non dico aiutandolo, ma sicuramente favorendolo. Come nel cinema.
Disse il Paz:
"Fellini, lo incontrai a Cinecittà e dove sennò? Altro che vocina, quella era una vociona. 'Bona lè!'. In un attimo - racconta Andrea dell'incontro con Fellini - caddi nell'ammirazione totale, con un niente, rendendomene pure conto. Inspiegabile per le mie coronarie. Per il resto, lui voleva un manifesto e mi difendeva con innumerevoli disegni spiegandosi. Io, facevo sempre cenno di si, con la testa, lui come un fiume in piena come un gorgo, continuava a dirmi qualcosa di fantastico per come me lo spiegava, ma capivo che non l'aveva bene in mente neppure lui e sperava in me che scappasse qualcosa di buono. Cercai - conclude il Paz - di non deluderlo in tutti i modi". So che Fellini pianse quando seppe che quel giovane spensierato, allegro e gaio, come il fuori classe Nik 900, morto a 23 anni per malformazione cardiaca mentre girava un film col Maestro. Ragazzi potenti e originali, come piacevano ad Effe Effe. Giovani che consumavano la combustibile per due persone, tanto era la furia interiore da narrare che dovevano domare in qualche misura per non scoppiare di tristezza. Costretti alla gloria, potrei anche scrivere. 
Andrea Pazienza da "La Prolisseide
tutti gli uomini importanti
che mi hanno conosciuto, in Storie brevi. Fandango editore




Rivendico     la mia

assoluta inaffidabilità


Rivendicava a pieno titolo, giustamente, la sua completa inaffidabilità, senza che questo dovesse generare malcontenti. Lui in fondo era onesto, ammetteva, per natura, di non essere molto presente riguardo alla realtà e per non dispiacere agli altri avvertiva chiunque che non poteva prendere seriamente ciò che lui diceva o punteggiava: "Voglio rimarcare la mia assoluta inaffidabilità". Io dico che è molto meglio uno così, di uno\a che t'assicura di telefonarmi e io l'aspetto in ansia, magari stando male, senza alla fine aver ricevuto alcuna telefonata, con la complicità di decine di persone che per non mettersi nei casini dicono, "adesso non c'è", e giù la cornetta, come a chiudere un canale. Ne è nato un monito senza volerlo.
I    rivoluzionari
del  borgo
Ciò che più affascina del Paz e che il Movimento politico dell'epoca sbraitava per le piazze, le strade, ma a lui non gliene fregava un beneamato cazzo, pur facendo sempre parte di quel habitat mentale: "erano smargiassi, sembrava sapessero tutto loro", diceva Andrea quasi scocciato, per poi rincarare la dose definendoli: "i rivoluzionari del borgo". Uno che sentiva un profondo bisogno di affetto, e allo stesso tempo così spavaldo da passare per una persona volutamente antipatica.
Andrea Pazienza, "Te La Do Io Firenze"
Ma non voleva, non prendeva distanze da nessuno, neanche dai benpensanti borghesi, non era stronzo in questo senso. Anzi, se c'era chi bagnava di benzina lo straccetto nella bottiglia, preferiva prenderli per il culo nelle sue tavole. Uno che tremava "come le foglie in autunno"ma non riusciva a non andare controcorrente proprio là, nel suo ambiente, con i suoi amici, Precisava: "Prima di fare fumetti, dipingevo quadri di denuncia. Erano tempi nei quali non potevo prescindere dal fare questo o quello per questioni economiche, nel senso che non potevo scegliermi quale lavoro fare. Per vivere facevo un pò quel che capitava, sempre attingendo dalla mia sorgente. Venni a sapere che i miei quadri venivano comprati da farmacisti, commercianti, dentisti, che se li mettevano in camera da letto, alcuni anche nello studio di lavoro. 

Amava      tutto

imprevedibilmente
Non mi paragono al Maestro del tratto, sarei d'ammazzare poi sbudellarmi al sol pensarlo, ma verifico che la storia si ripete in certe liste del web-underground, dove si muore per delle idee vuote e di morte lenta, quasi impercettibile, dove chi scrive pensa d'essere difronte ad una platea, la gente più cool, di eterni militanti ripetitivi fino alla noia e fuori strada in direzione ostinata e refrattaria, allucinati vaneggiatori, paranoici illusi, fanatici idealisti che votano Salvini della Lega, utopisti ma abili pratici. Spesso le più incredibili stupidaggini, gli scambi distratti di battute negli angoli delle strade, i guizzi luminosi e casuali delle notti di Bologna, te li ritrovavi in una vignetta magnificamente trasformati in serpenti di vita.
       Un caos geniale e

velocissimo col Pantone


Un ritmo sfrenato che lasciava tutti indietro. Era il più depresso degli uomini, era il più felice degli uomini. Era un eroe senza macchia, la penna come una durlindana, ed era il più bastardo degli amici. Le distinzioni con Andrea reggevano poco. Ognuno per la sua strada, in fondo è meglio dirci ciao che non esserci mai incontrarti. "Esistono persone al mondo, poche per fortuna, che credono di poter barattare un intera via crucis con una semplice stretta di mano o una visita ad un museo e che si approfittano della vostra confusione per passare un colpo di spugna su un milione di frasi e miliardi di parole d'amore", il Paz fa dire ad un Samurai vestito di kimono nero con cappuccio armato di Katana.

DA

SOTTOSCRIVERE!

"At du pal Paz"

(Francesco Guccini)

Si sentiva  unito a quella gente. Innescò un rapporto privilegiato con Francesco Guccini, entrambi grandi affabulatori della parola imprevista e sbalordita dalla sua stessa velocità di risposta, rispettando i tempi d’una commedia shakesperiana già scritta, quasi imparata a memoria all'istante. Anche con Bonvi e De Maria legò particolarmente. Gli piaceva stuzzicare Francesco Guccini, disegnandolo come un omone imponente, ampio e claudicante, chiamandolo “Guccione”. Francesco un giorno si scocciò “che due palle…”. Una volta vennero alle mani, ma poi tornò quasi subito come prima, tutto accadeva dopo il Festival, dopo cena, la sera tardi, quando i fumi dell’alcol e non solo penso, avevano già cominciato a salire insieme ai limiti dello sfottò. 
Omaggio a Freak Antoni

Un Bengala *detonato*


Infiammabili
come un petardo, Paz era capace di show improvvisati a se stesso, ma soprattutto memorabili. Per un senso di giustizia che sentiva o se volete per cavalleria o per puro gusto di teatrante qual'era. E' noto come Andrea si fece marchiare come pazzo piuttosto che fare il soldato e imbracciare un fucile, anche senza sparare a lui non piaceva. Evitò il servizio militare presentandosi alla caserma del Celio facendo il demente, matto. In quel periodo era anche attore, in "Cavalli si nasce" di Sergio Staino. Andò in caserma accompagnato da due suoi amici napoletani psichiatri. L'ufficiale medico gli faceva alcune domande di routine al Paz "demente" e lui rispondeva solamente: "Mammapapàsorellafratello", così per 10 volte. Al chè, l'ufficiale medico disse ai due psichiatri complici di Andrea: "Siate morbidi con quel ragazzo", come se con altri bisognasse essere duri. Certe cose non le capirò mai.

L'innocente monito di chi non accetta di dover cambiare se stessi per piacere agli altri ed essere accettato, dette in lirica "zanardiana"   
                     
Sono      ciò

che     spendo
Come per tutti, il tempo dei trentanni passa e Paz li rimpiange tutti, con essi una stagione irripetibile del fumetto e pittura italiana. E' venuta meno l'ebbrezza che provava quando era al centro esatto delle esperienze più oltremodo di quel periodo fecondo, dal "Cannibale" a "Frigidaire", autore fra gli autori e soprattutto, il più dotato di una generazione di fumettisti che come padrone avevano solo la loro creatività, neanche il pubblico, il lettore, ma la loro genialità.

Poi a quel
livello non s'è più
visto nessuno. Ribadisco, nessuno! Ora al "confino a Montepulciano" come lo definiva scherzosamente (ma non troppo, sapendo leggere tra le righe o capire il non detto per pura incapacità) in un'intervista a quel gagio di capelli che in quegli anni te lo ritrovavi dappertutto, saltare da interviste a Roger Waters (bassista dei Pink Floyd) al romagnolo Raul Casadei e la sua "Mazurka di periferia".
Andrea sul lungomare di san Menaio

Il suo      bronx
Il Paz soffre la mancanza del gruppo, della redazione, l'odore delle matite, della china, lo spirito in qualsiasi gradazione. Gli mancano anche gli sfondi metropolitani giovanili che l'avevano ispirato così felicemente. Gli mancava "il Bronx" che gli sarebbe ancora piaciuto vedere invece dei magnifici colli della Val di Chiana. Due dimensioni opposte. Era tutta questione legata allo spirito, alla quintessenza, al livello della colma misura dell'esistenza. In realtà, senza che neppure lui, il rabdomante dei mutamenti giovanili, se ne accorgesse, era cambiata un'epoca e non tutti erano pronti ad accettarlo. Continuo a dire che mutò un'epoca con troppa eroina.
Altezze    apogee
La    paura  
del  terrorismo.
L'eroina inquinò parecchi quartieri, fino ad arrivare alle città centrali come Verona e Milano. Ho sempre pensato che un modo per schiacciare, ammaccare e umiliare queste nuove leve dello stato dell'arte ad un'altezza apogea, vertiginosa, non desse poi tanto fastidio una bella ondata d'eroina in tutto il Paese incasinato con i terroristi, per mettere fuori gioco chi rompeva i coglioni con la loro arte o creatività che alimentavano le voci dei movimenti giovanili, dei centri sociali che dettavano il "la" su cui gli artisti poi elaboravano.

 Averci la mente porca
"La realtà è sempre nuda, basta questo per capire che razza di zoccola è" oppure: "Il segreto della giovinezza è averci la mente porca", anche: "Mai tornare indietro, neppure per prendere la rincorsa". Andrea s'era perso nella normalità e non accettandola, teso com'era a prosciugare il momento per sua natura, il carpe diem Omeriano, un Guest house di persone giuste, si complica tutto senza dar fastidio a nessuno, o a quei pochi che aveva rimasto, del proprio declino senza rompere i coglioni agli altri, in un modo o si è superato spesso.
Un Zanna a 40anni visto da Duilio Cusani

Ogni tanto    devo
massacrarmi

Geniale rappresentazione di Luca Enoch

"Non ero     molto attento"
Paz è davvero    sperduto, quasi smarrito tra l'amenità dei colli toscani, seppur fantastici, ma si può piangere anche al carnevale di Rio, ma quasi tutti lo ignorano. Ammogliato, con due cani da portare a spasso. Vita sana, tiro con l'arco, casa, famiglia, una innocente cannetta, ma nell'idillio apparente c'è qualcosa che stona. Lui stesso appare convinto fino ad un certo punto della nuova condizione in cui si ritrovava: "Ora che vivo in campagna come un cretino non sono più depresso, come l'oblio, un ascoltarsi come un parlarsi" scrive nel testo che conclude il mistico "Pompeo" e sfido chiunque neghi che quel testo sia eccessivamente spirituale. C'era lui, solo lui, e lui quando schiattò, lo percepiva, come quando senti una pera salire troppo prepotente.
Lo squalo
T'accorgi che     nulla  ti è più in     mano,
tutto diventa improvvisamente sfilacciato. Quando capita, per festeggiare un'occasione, si faceva un pò d'eroina come ai primi tempi della feroce frequentazione con madam Medusa. "Ogni tanto mi devo massacrare consapevolmente e fiducia in me stesso e nella mia crudeltà", confida ad un suo caro amico. "Pompeo" straccia ogni squarcio interpretativo per la sua unicità narrativa e semantica, in quei primissimi anni quando si pensava di aver risolto tutti i nostri problemi perché avevamo scoperto l'eroina. Ci si chiudeva anche interi meriggi in casa con 3 grammi di coca in vena per uscire la sera, verso le 20, alla smaniosa ricerca di un pezzo d'eroina per placare il down e i calci e morsi del calo della cocaina, derivato che ti porta per mezz'ora dal sole alla luna, un gioco massacrante, che allora, 1979, ci faceva sentire i più fortunati e coraggio. Un bel traffico da gestire ci ritrovavamo. Anche se il Paz era dedito alle droghe che spegnevano, poca cocaina, molta eroina e cannabis. No, non era per le droghe veloci. A lui servivano calmanti, non eccitanti. Era veloce di natura, troppo "veloce".




In arrivo,    è l'incombenza
Il fatto d'uscire    indenne dai ritmi disastrosi in Bologna, e dai ripetuti collassi per overdose, procurati volontariamente o meno, più che un senso d'immortalità, finisce per alimentare un senso d'impunità. Sulle alture di Montepulciano cova lo spleen, la mancanza e il bisogno, regna l'indolimento. Andrea era sempre più instabile, e i suoi sentimenti di uomo, divennero ancora più fluidi se fosse ancora possibile, i suoi stati d'animo, lasciandosi toccare da tutto, facendosi piovere addosso e senza cercare riparo. Io, non ho mai avuto la fortuna di conoscere il Paz e per me è una grande mancanza, tuttavia, facevo le sue stesse cose, non artisticamente, ma nel privè, per cui come potevo scoprire il genio in contemporanea. Non ero molto attento alle avanguardie all'epoca. Offuscato com'ero, come potevo? L'eroina non ti ruba tutto, ti porta via l'anima e fai quello che vuole lei, banalmente detta.





















La Torre di comando
Non l’ho mai visto nei panni di una persona che aveva un progetto o un’utopia politica. Nel cuore e nella mente, aveva canali interrotti e che non li avrebbero certamente ricongiunti ne Michel Focault, tanto meno Ezra Pound. Anzi che stessero pure alla larga entrambi, lui li lasciava a fare a pugni sulla torre di comando, ridendo di loro assieme ai suonatori di Calipso mentre il cielo si sta allontanando. Tra le tante definizioni, è stato anche il "poeta dei tossici". Allora mi domando: come può uno che disegna poesia  e che poi finisce che piacciono ai tossici, ridurre ad un'analisi politica o concettuale un lavoro così difficile e orizzontale a tutto? E' evidente come un lampione acceso che è una contraddizione. Ora, se c'è una cosa amara, desolante è proprio quella di capire all'ultimo momento che l'ipotesi giusta forse era un'altra. Lasciando sperare a chiunque di trovarla in ogni luogo questa ipotesi, senza affilare alcun sapere di cui si è in fallace o parziale possesso.

I miei      amici veri
trovare nuovi  mezzi conoscitivi ed esplorativi attraverso le opere disegnato, era il migliore. Fino ad inventare forse solo ciò che la nostra, forse troppo fervida fantasia, ci porta a vedere nelle opere di Pazienza, quello che avveniva a tutto tondo, negli '70-'80. In chiusura penso alle molte altre vittime e interpreti di quegli anni, scomparsi uno ad una. C'era qualcosa che non non funzionava, l'apoteosi dell'autodistruzione ha sgasato, certo, ma è limitante all'atto "spiegativo". Tuttavia, qualcuno ne è saltato fuori indenne, altri no, altri ancora non si riesce a capire, barcollano. Non so, fra le quattro eventualità, chi abbia sofferto di più. Cesare Pavese scriveva: "Ogni vita è quella che doveva essere". Con questo vento che mi soffia sulla faccia dalla finestra appena dopo mezzanotte, rendo lode a chi ci ha preceduti in cielo a chi come pochi hanno rappresentato l’inquietudine e lo spirito che cavalcava gli anni ’70 e ’80. Paz, non ti sei perso gran che.


Sciapò, Paz


Paz muore il 16 giugno del 1988, a 32 anni e il cielo si fece triste. Qualcuno di irripetibile, ch'era riuscito - per davvero - a raccontare l'Italia dei giovani irrequieti e sognatori, quelli del Movimento del '77 e del terrorismo, del Dams, dell'università, dei mercatini all'aperto, di chi per strada ci viveva, illusi idealmente quanto utopisti per mestiere, disincantati per vocazione ed eroinomani per necessità. La ribellione di una generazione che, come scrisse Pier Vittorio Tondelli, era stata capace e abile di credere veramente in nulla "se non nella propria disperazione".